1. La metro

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    By Zelig il 11 July 2013
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    Una zingara all’entrata si accompagna col suo scatolino musicante ed un microfono, per cantare con voce da fado “ai se eu te pego”.

    Come altri che si sentivano i più furbi, abbiamo camminato fino alla fine della banchina per sperare di incappare in un angolo arancione di posto a sedere libero, ma ovviamente a quest’ora speranze del tutto vane.

    Ritmo netto, regolare. La metro lo sai quando parte piano, può accelerare fino alla fermata perché nessuno si frappone tra lei e le rotaie in galleria.
    Nella norma.

    Ovviamente madame arguzia ha sbagliato senso di marcia. Mi accorgo di essere a Spagna e scendo sconcertata dalla mia idiozia e dal male che mi fanno i piedi.

    Incrocio uno squadrone di turisti americani che più stereotipo non si esiste, che poi lo fanno apposta, magari hanno la mia età ma adorano esibire i loro colori di battaglia manco fossero Sioux, la loro americanitudine mecdonalds tanto poco sopportata e dai Sioux e qui in Europa. A parte che siano clientela pagante è ovvio.

    Cappelli, shorts e addirittura una maglia a stelle e strisce proposta da un cristone biondo dallo sguardo vacuo che esibisce con una certa fierezza la canotta della sua confraternita al college, la quale riporta il disegno del perimetro statunitense coi colori della bandiera, insieme ad uno sgargiante “Kappa Tau Theta” in giallo.

    Geordie Shore o quasi.

    Pensare che certi personaggi , per noi italiani i protagonisti delle serie tv adolescenziali con le quali siamo cresciuti, siano persone vere.

    Lo so , è snob e ignorante quello che dico.
    Ma un fondo di credibilità in quel mito del vincente del liceo o del college che ci propinano ci dovrà essere. Qualcuno davvero vive per quel sogno.
    Forse anche noi, senza accorgercene.
    Last Post by Zelig il 11 July 2013
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  2. In Caserma

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    4 giugno 2013

    Al maggiore Ugo de Carolis la caserma é dedicata.
    Odore di frittura di pesce e una piccola sala d'attesa con poche poltroncine macchiate color acquamarina.
    Aspettiamo in quattro.
    Un uomo anziano, dall'aria confusa, si stufa del caldo opprimente e fa per entrare nell'ufficio dell'appuntato senza attendere di essere chiamato.
    Il carabiniere reagisce: "Come ti permetti di entrare qui! Lo sai che ti devo chiamare io, Benito!".
    Il vecchietto reagisce alzando la voce, pare voglia tentare minacce alla mafiosa in romanosardo. Il carabiniere dev'essere abituato alla sua presenza, perché sembra non prestargli troppa attenzione; risponde a mezza bocca e dopo poco lo fa entrare.
    Il vecchietto deve firmare. é in libertà vigilata.
    Non uno che lavora qui non viene dal Sud Italia.

    Edited by Mannaiaalleminne - 13/7/2013, 11:41
    Last Post by Zelig il 10 July 2013
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  3. Diario di viaggio. Augusta

    Diario di viaggio- Augusta
    10 aprile 2002

    Mi trovo in provincia di Siracusa, a trovare mia cugina. La sua famiglia vive in una casa un po’ fuori mano, all’interno di un comprensorio che da fuori sembra una felice isola di tranquillità ovattata lontano dagli “affanni” della città, una “mulinobianco city” piena di quel sole che ristora le membra di noi cittadini di grandi metropoli.
    Da quando sono venuta a conoscenza dei soliti luoghi comuni ho cominciato a preoccuparmi per quella bimba così solare, beneducata e all’antica: avevo paura che con la crescita avrebbe perso il candore che i suoi genitori avevano tanto bene preservato, ero convinta che avessero studiato nei particolari un modo per far sì che lei e suo fratello venissero su come i migliori dei pargoli, tanto “bravi” e felici di esserlo quanto ignari della realtà circostante, specialmente quella a loro più direttamente vicina, quella di una Sicilia degradata ancora nel XXI secolo. Solo ora mi rendo conto che, anche se conosco poco i miei cugini e ormai li vedo ancora di meno, hanno sempre mantenuto e manterranno quell’integrità che da piccola chiamavo provincialismo grazie ai valori custoditi dentro di sé, i quali ,se ben radicati come i loro,sono “duri a morire”.
    Con il bagaglio di convinzioni che al tempo avevo, mi immergo nella realtà di quella famiglia, accogliente, serena, in un momento che non potrebbe essere più rappresentativo: la visita dei parenti durante le vacanze di Pasqua… quale occasione migliore per sfoderare le nostre arti di edulcoramento delle cose attraverso una felicità forzata? Ma senza generalizzare né vedere marcio ovunque, qui stavo parlando d’altro.
    Siamo venuti per stare una settimana, tempo nel quale ho modo di conoscere gli amici di mia cugina e la loro vita quotidiana, le riunioni pomeridiane davanti al cancello, le scampagnate alla scogliera odorosa di vegetazione mediterranea dove ci si cimenta in gare di tuffi, i giri in tre in motorino senza casco per le strade sterrate e gli spazi brulli che circondano il comprensorio, lo scenario, tra i palazzi in costruzione, degli sprazzi di spiaggia che si intravedono tra una colonna e l’altra della raffineria di Priolo, nuova venuta, che ha certamente deprezzato le case a causa del mancato panorama.
    Sono piccola, ingenua. Mi godo le vacanze, mi sento orgogliosa perché sono la nuova venuta, direttamente dalla capitale, sono quindi fonte di curiosità e attenzione, questo mi piace un sacco. Posso atteggiarmi un po’ e la cosa non mi dispiace affatto; quando mi portano , la sera, ad una delle loro festicciole autorganizzate per i pochi ragazzi del comprensorio mi diverto a ballare e sento gli occhi delle altre ragazze su di me, stupite dalla mia mancanza di timidezza, e penso che si veda la differenza tra di noi, che attribuisco al loro ondeggiare goffamente mentre io mi muovo con una certa qual esperienza(secondo la mia percezione sbruffona, chiaro, magari invece nessuno pensa nulla di tutto ciò)....

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    Last Post by Zelig il 9 July 2013
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  4. Feliz Navidad Cuba!
    racconto per adolescenti

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    (racconto per ragazzi?)

    Odio i miei familiari. Ma quanto li odio.

    Lo so, l’ho già sentita, è scontato ma non lo pensi veramente ma pensa se non esistessero, per carità! Solo lo dico, non mi sembra di uscirmene con discorsi così astrusi, così incomprensibili o impossibili da condividere. Anzi! Non è proprio nello spirito de sto benedetto Santo Natale – e ben in linea co sta perenne crisi per di più – che idee come riscoperta dei veri valori, calore umano, dialogo, consumo critico dovrebbero essere abbracciate? Quand’è che la gente smetterà de girà cogli occhi foderati di prosciutto ed ammetterà che spendere e spandere un sudatissimo salario non è proprio il massimo della vita, che il sabato preferisce passarlo a giocare a pallone col figlio nel parco sotto casa?
    Vabbè, mò tanto è inutile parlare. Ci sono dentro fino al collo, e coi miei predicozzi sul valore dei rapporti interpersonali non mi sono certo data una mano. Mi tocca. Stampati un sorriso e ringrazia; natale ai Caraibi, il massimo secondo i più. Intrappolata in un film di Vanzina senza nemmeno l’intervallo per la pipì.
    Il viaggio è stato organizzato nei dettagli: papà ha rimediato un’offertona tutto – ma proprio tutto - compreso. Partenza ventidue dicembre ore otto e trenta da Fiumicino, scalo a Madrid Barajas, poi tutta ‘na tirata fino a la Habana José Martì che al solo pensiero di dieci ore sepolta viva in un aereo mi sento male. Giunti all’aeroporto, come da programma, c’è ad aspettarci l’amena navetta con condizionatore a meno quindici e salsa sparata al massimo sopportabile dal timpano umano alla soglia del dolore. Carica in blocco il gruppo e i bagagli per trasportarci direttamente al Sunrise Resort Varadero quattro stelle di comfort per le tue vacanze definite indimenticabili ma è uguale a un qualsiasi altro hotel di lusso-che-non-potrei-permettermi-in-un-paese-più-ricco davanti a una bella spiaggia esotica. Il planning prevede permanenza di una settimana al Resort che comprende visite guidate all’Avana e un giorno alle fabbriche di tabacco di Pinar del Rìo , animazione diurna e notturna (leggi: pisolino postprandiale impossibile), per non parlare del momento clou del soggiorno interpretato dall’organizzazione delle cerimonie natalizie tra la sera del ventiquattro e la giornata del venticinque, un estenuante e ciclopico programma di attività che tentavano di conciliare la tradizione natalizia nordamericana con i costumi caraibici. Coinvolgente ed inevitabile come un tornado, pacchiano in un modo che la mia mente non sarebbe stata capace di partorire. Come esperienza sociologica sarebbe non poco interessante, da tesi di dottorato quasi, ma allo spirito del ricercatore prevale in me il bisogno di non minare una già precaria sanità mentale partecipando di proposito ad un tale evento traumatico. Dal momento in cui vengo a conoscenza di tutto ciò comincio in segreto ad elaborare ipotesi e progetti per defilarmi al momento opportuno e lasciare ai miei cari il...

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    Last Post by Zelig il 9 July 2013
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